Da barista a… Come ho trovato un “vero lavoro” in UK

***Questo post e' apparso per la prima volta sul sito Amiche di Fuso***


Quando sette anni fa arrivai in UK senza conoscenze e senza prospettive decisi di sfruttare al massimo l’opinione che gli stranieri hanno di noi italiani: siamo simpatici e sappiamo fare un buon caffè.
Stampati una cinquantina di Curricula mi aggirai per le strade di Durham entrando in ogni negozio o ristorante e chiedendo se avessero bisogno di personale. Tra qualche no e qualche curriculum accettato con fare di cortesia le giornate trascorsero senza alcun risultato.
Decisi quindi di recarmi al job centre dove, fatto un breve colloquio, mi venne data una lista di lavori per cui applicare. Tra questi, uno in particolare catturò la mia attenzione: cercavano baristi per il Caffè dell’Università.
Inviato il curriculum e la cover letter (spesso e volentieri più importante del curriculum stesso!) ricevetti dopo qualche giorno un invito per il colloquio. Ero un po’ spaventata dalla prospettiva di non capire cosa mi venisse chiesto (non ero ancora abituata all’accento!) e di non saper rispondere adeguatamente quindi mi preparai al meglio ripassando un po’ di lessico “da bar” e guardando video su YouTube che suggerivano le migliori risposte alle tipiche domande da colloquio di lavoro.
Il giorno del colloquio arrivai abbastanza decisa, dopotutto non avevo ricevuto altre offerte quindi quella era la mia unica possibilità di cominciare a guadagnare qualche soldino ed ero determinata a non sprecarla. Il colloquio andò molto bene e devo dire che all’epoca fu la mia “attitude” a convincere i miei futuri capi ad assumermi: mi presentai sorridente, ottimista, entusiasta per la possibilità di lavorare con loro e ciò ebbe la meglio sulla mia poca esperienza e scarsa dimestichezza con la lingua. Iniziato a lavorare cercai subito di comunicare il più possibile con i miei colleghi inglesi in modo da imparare in fretta e superare l’ostacolo della comprensione dell’accento “Geordie”. Le difficoltà certo non sono mancate, ma dopo pochi mesi mi sentivo già molto a mio agio.
Decisi quindi di cominciare a pianificare il passo successivo.
All’epoca la mia ambizione era lavorare nel no-profit quindi iniziai a cercare opportunità di volontariato, sia a Durham sia nella vicina Newcastle. In particolare un’organizzazione attirò la mia attenzione: il North of England Refugee Service (NERS). Per diventare volontaria NERS bisognava sostenere un colloquio e sottoporsi ad un CRB check (praticamente si accertano che tu non sia un criminale). La storia del mio colloquio con un simpatico omone rasta meriterebbe un post a parte, ma per farla breve lo superai e cominciai ad andare a Newcastle tutti i mercoledì (rinunciando quindi al lavoro e alla paga di un giorno – ma tutto faceva parte del piano!!) per lavorare come volontaria per un progetto di integrazione.
Questa esperienza fu preziosissima non solo per il mio curriculum, ma anche per le persone meravigliose che ho conosciuto: fu proprio così che incontrai Sara, la mia migliore amica nonché poi testimone di nozze.
– anche lei merita un post a parte!
Tramite il NERS ebbi anche l’opportunità di lavorare come traduttrice freelance dall’italiano all’inglese e viceversa, aiutando famiglie e soprattutto bambini expat a comunicare in contesti delicati (visite ospedaliere, etc. ).
Nonostante ciò ero comunque alla ricerca di un impiego più stabile e remunerativo e finalmente mi sentivo pronta anche a livello di conoscenza della lingua a mettermi in gioco.
Devo anche aggiungere che tra lavoro al bar, volontariato e traduzioni avevo anche cominciato a insegnare danza orientale (cosa che facevo anche in Italia, prima dell’espatrio), insomma non mi sono mai fermata un attimo!


Con l’avvicinarsi dell’estate e della chiusura universitaria i turni disponibili al bar cominciarono a scarseggiare, e così anche i soldini a disposizione. Ormai mi era chiaro che nel mondo del no-profit non avrei trovato quello che cercavo, a meno di non imbarcarmi in un altro anno di volontariato e rassegnarmi a piccoli guadagni dalla frequenza imprevedibile. Ero anche stanca di lavorare al bar: nonostante la paga fosse ottima le ore in piedi o a spostare oggetti pesanti mi provocavano fortissimi mal di schiena, lasciandomi senza forze alla fine della giornata.
Quello fu un brutto periodo: mi sentivo sempre triste, sentivo che stavo perdendo tempo,sprecando la mia vita facendo qualcosa di non remunerativo o interessante. Ero in un paese straniero, con pochi amici, le bollette da pagare e la paura di aver fatto il passo più lungo della gamba.
Ricordo che feci un’onesta analisi delle mie skills e decisi che la cosa più ovvia su cui avrei potuto puntare era il fatto che parlavo due lingue. Cercando informazioni sul web, capitai su un sito specializzato in multilingual recruitment e creai un account, senza nutrire troppe speranze.
Un’ora dopo ricevetti una telefonata proprio da questo sito: avevano una posizione aperta nel customer service di un’azienda americana e cercavano proprio qualcuno che parlasse italiano. Non mi sembrava vero! ok non era il lavoro dei miei sogni, ma era a mezzora da casa e con uno stipendio ottimo. Non solo: era un contratto a tempo indeterminato quindi un lavoro vero che poteva darmi un po’ di stabilità.
Questo sito lo consiglio caldamente: è gratuito, ma ho ricevuto un servizio eccellente. La ragazza che mi seguiva si chiamava Sandra e mi ha dato un sacco di consigli, mi teneva costantemente aggiornata e ascoltava tutte le mie preoccupazioni. Davvero favolosa!
Dopo due colloqui telefonici per testare le mie competenze linguistiche in italiano e spagnolo, mi chiamarono per il colloquio faccia a faccia vero e proprio. La preparazione fu essenziale: studiai attentamente la job description, provai e riprovai le risposte alle domande più comuni, mi diedi da fare per arricchire il mio vocabolario con termini inglesi che potessero essermi utili. Infine, scelsi il look da perfetta candidata. Arrivai al colloquio carichissima: era un’opportunità troppo grande! Anche questa volta il mio atteggiamento si rivelò un prezioso alleato e ottenni il lavoro pochi giorni dopo.
L’azienda voleva che cominciassi subito e, data l’assenza di mezzi di trasporto, comprai una macchina usata il sabato, imparai a guidare a sinistra la domenica e andai al lavoro lunedì, super felice ed emozionata.
Tutto il resto è storia e, come potete immaginare, meriterebbe un post a parte!

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